MILANO RITUALE
e quel bisogno di abitudini.
Trasferendomi qui mi sono reso conto di essere una persona profondamente abitudinaria. Potrebbe sembrare una cosa negativa, ma realizzo giorno dopo giorno che, al contrario, la routine mi aiuta a trovare il mio equilibrio interiore. Il ripetersi di specifici eventi scandisce il ritmo delle mie giornate ed è proprio questo ritmo che mi permette di danzare quella melodia che è la mia vita. In una città come questa è facile farsi trascinare dagli eventi, ma la ripetitività è ovunque, a partire da quella scandita dalla superficie della città stessa.
MILANO ACCECANTE
e quel bisogno di essere sotto le luci della ribalta.
Ció che apprezzo di più di questa città è la notte. Trovo affascinante il fatto che la vita che la anima si sposti, lentamente, dalle sue vie a cielo aperto ai molteplici locali annebbiati e illuminati solo di sbieco, senza mai morire veramente. Ad essere sincera, ho sempre amato essere al centro dell’attenzione, e la notte mi permette di esserlo costantemente. Di notte ogni sguardo viene assorbito dal buio, ogni parola cancellata dal silenzio, ogni pensiero annullato dalla musica. Mi risveglio quando il pomeriggio sconfina nella sera, quando intravedo i primi bagliori della notte, quelle luci riflesse, luccicanti, artificialmente scintillanti. Solo allora mi sento completamente a mio agio, solo allora posso dire di sentirmi a casa.
MILANO SPONTANEA
e quel bisogno di naturalezza.
Mi trovo spesso a pensare di essere finito qui per un motivo ben preciso: il bisogno di essere me stesso come e quando voglio. La città, infinito tappeto di possibilità e di stimoli, mi coglie sempre impreparato, ed è proprio questa sua caratteristica che mi porta a reagire il più naturalmente possibile. Nell’istante esatto dell’azione avviene la reazione, senza pensieri, senza possibilità di organizzare mentalmente a priori come devo comportarmi o quale potrebbe essere il modo migliore di agire in una data situazione. La città accade, e io le succedo di conseguenza. Questo forse è il motivo che più mi fa sentire a casa a Milano: poter essere nel mio più alto livello di spontaneità.
MILANO AVVOLGENTE
e quel bisogno di protezione.
Per quanto possa sembrare assurdo, ogni volta che torno a Milano tiro un sospiro di sollievo. Questa città ha la capacità di farmi sentire al sicuro. Amo le sue vie piccole e strette, è come sapere che c’è sempre un posto dove, se necessario, posso rifugiarmi. Milano è avvolgente. Mi culla, mi guida, mi permette di trovare in lei un luogo dove sentirmi a mio agio, dove stare con me stessa. Questo amo delle città, il fatto che offrano tanto la possibilità di farsi travolgere dalle persone e dagli avvenimenti, quanto l’opportunità di isolarsi completamente e di farsi assorbire dalle sue stesse vie, in un dialogo continuo con se stessi.
MILANO STRATIFICATA
e quel bisogno di castelli in aria.
Non vedevo l’ora di partire. Riponevo, e ripongo tutt’ora, tantissime speranze in ciò che la città può offrire. Sono nata in un paesino di 15.000 abitanti, una cittadina abbastanza grande da permettermi di immaginare il mio futuro tra le sue vie e al contempo abbastanza piccola da limitare il mio voler sognare in grande. Non appena mi sono resa conto di questo limite e ne ho avuto la possibilità ho deciso di trasferirmi, rincorrendo quei sogni. Non posso negare di aver rimuginato e masticato quei pensieri così tante volte da aver fatto fatica, all’inizio. Una grande città può dare così tanto, quanto può togliere altrettanto. Ci è voluto del tempo per osservare, capire, sbagliare e ricominciare, e soprattutto per smontare pezzo dopo pezzo quei sogni che già avevo costruito, mi modo da avere i mattoni per rimetterli in piedi.
MILANO INTIMA
e quel bisogno di silenzio.
Non potrei mai vivere in una città nordica, il fatto che non usino le tende alle finestre mi disturba profondamente. É come se, non potendo vivere per le vie della città, gli interni delle case diventassero lo spazio pubblico che viene negato alle persone dal freddo e dal buio. Le città sono entità duali composte da una sfera pubblica e da una privata, che si controbilanciano a vicenda. Le tende, per me, sono quel limite leggero, non pretenzioso ma al contempo invalicabile, che separa le due sfere. Quando le tende vengono a mancare è un po’ come se tutti i segreti, l’intimità, la privacy, le budella del tessuto sociale venissero scoperte e rivoltate verso l’esterno, alla mercé degli altri. Per questo motivo ho scelto Milano, perché ho bisogno anche solo di sapere che, nel caso in cui volessi, c’è sempre uno spazio a mia disposizione dove andare dietro le tende.
Feeling at home
Photography by me
Text by Giulia Bencini
Milan: Six stories, six different ways to feel at home in a city that is not your own. Six different ways to find the right conditions to feel at home. Six physical, emotional and mental approaches to feel good in an “unknown place”.
The project comes from a set of strictly personal experiences and stories that have been narrated from friends and strangers over the time. The series aims to be a simple but sincere glimpse of a Milan made up of “strangers”, such as people who have moved to this city at a given time in their lives.
Being at home, feeling at home, is often associated with specific ways of living spaces, people and, above all, the moments that mark the interaction between spaces and people. In an almost therapeutic way, we decided to walk the streets of Milan in search of small details able to give voice to these stories and these different ways of feeling at home, often defined by a look, a perspective, a way of seeing and selecting consequently.